Stefano Gersich, veneziano, nato nel 1952, ha iniziato a scattare foto a 10 anni dalle finestre: passanti, gondole e barche in rio marin. Le prime "through my window" che ha continuato a fare per tutta la vita in luoghi diversi. Il 5 novembre 1966 prima uscita in strada, piazza san marco sommersa dall' acqua, sempre con fotocamera Voigtländer Vito B del padre che gli insegnò presto la tecnica di base. Negli anni del liceo, con tre compagni di classe, forma il "gruppo mpm", con sede in corte contarina, un grande magazzino trasformato in studio e camera oscura per sviluppo e stampa, conserva molte foto con il timbro "gruppo mpm", molta goliardia, mpm=mati per la mona. Nel 1971 acquista una reflex, nel 1972 fotografa alle olimpiadi di Monaco di Baviera, poi a Vienna. Nel 1973 tour della Romania, 1974 della Jugoslavia, anche la partita di calcio che l' Italia perse 1-0 a Zagabria. Si laurea a Padova in scienze statistiche e comprende che è difficile vivere facendo "street photography", non ama fotografare in studio. Quindi si trasferisce a Milano, programmatore di computer in Olivetti Syntax. E' l' inizio di una carriera che lo porterà a ricoprire importanti incarichi manageriali in multinazionali della consulenza informatica. Ha sempre continuato a fotografare, sia in Italia che all' estero. Per 26 anni ha abitato lontano da Venezia, in luoghi diversi, sia al mare che in montagna. Nel 2012 torna a Venezia e riprende un percorso che non è terminato, ha esplorato angoli della città che non conosceva: calli, campielli, capitelli, pozzi, e tanto altro.st Riprende la "street photography" come negli anni '60 e '70, la tecnologia digitale permette molto, può scattare 50.000-70.000 foto in un anno. Sempre stato contrario a mostre, concorsi e pubblicazione di libri, solo foto pubblicate da giornali, usa i social dal 2008, inventa dei generi fotografici in modo goliardico e commenta in veneziano"coche e cochete a venessia", "foto de tipo ghesboro", "dona a canon va sempre benon" autoscatti "ghesboro indedei e indenait", etc...etc... Molte case editrici gli hanno proposto di pubblicare libri, sempre detto di no.
Poi, un giorno, ha detto di si
Sarà la magia di Venezia o l’aria della sua laguna, ma piazza San Marco, il cuore pulsante di una città dalla bellezza infinita, dove qualsiasi cittadino del mondo vorrebbe trovarsi almeno una volta nella vita, iperbole di un turismo globale e assillante, assume spesso i contorni di una vetrina speciale, quasi un teatro dove tutto può accadere, dove ogni abbigliamento o atteggiamento risulta lecito ed esibibile. E questo universo in cui si muovono donne, uomini, personaggi di ogni tipo e in cui si ostentano le stravaganze più improbabili ha da anni il suo attento e ironico cantore.
Stefano Gersich, veneziano doc, una vita da dirigente aziendale, chitarrista di vaglia, appassionato “street photographer” come lui stesso ama definirsi, alto, barba e capelli alla Rasputin, vestiti eccentrici firmati che sfoggia con spavalderia divertita, presidia l’area marciana, aggirandosi armato di una sofisticata tecnologia senza tempo, pronto a cogliere e immortalare qualsiasi volto, figura o aspetto di questa realtà internazionale, multicolore e bizzarra, che abbia per lui motivo di espressione artistica. Perché di arte stiamo parlando, di un’arte asciutta, che non fa sconti. La poetica di Gersich, infatti, non travisa o trascende la realtà, non pone filtri fra lui stesso e lo spettatore, ma arriva dritta all’anima.
L’obiettivo di Gersich è sfrontato, impertinente, irriverente, indiscreto, al limite anche spietato, ma non è mai volgare e in nessun caso insolente. Se l’oggetto prescelto si accorge dello scatto incombente, lo sguardo che incontra il suo obiettivo può svelare sorpresa, imbarazzo, a volte disappunto, ma assai più spesso rivela una complicità divertita, grazie al modo sempre elegante che ha Gersich nel porsi e nell’avvicinarsi a chi e a cosa fotografa.
Gersich ha un pubblico affezionato, che da tempo lo segue sui social. Ed è sui social che le sue foto trovano la loro massima consacrazione. Perché qui l’immagine è sempre accompagnata da una didascalia, rigorosamente in veneziano di cui Gersich è cultore e maestro, dove la battuta diviene descrittiva, incisiva, disincantata e sovente fulminante come solo un uso sapiente e consapevole del dialetto può consentire.
Ma Stefano Gersich potrete incontrarlo non solo a San Marco, ma in ogni angolo della sua Venezia, una città che lui ama disvelare attraverso gli affascinanti scatti delle sue fedeli macchine fotografiche, magari proprio mentre è impegnato a guidare per calli e campielli gruppi di ragazzi, meno fortunati, portatori di una qualche disabilità, a cui insegna con pazienza e passione l’arte e la tecnica della fotografia. Uno “street photographer” che sa celare dietro alla sua impudente leggerezza un cuore grande e generoso.
Pierandrea Moro
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