L'uso calcolato che Licia Mandich fa della parola spalanca sensazioni vaste e soprattutto profonde: quegli spazi interni, dell'anima, prendono il lettore che, emozione dopo emozione, assorbe i versi con intima voracità, perché in essi trova la “appercezione” che, secondo G. Leibniz, forma un insieme unico tra percezione e coscienza del percepire. L'uomo ha cominciato a perdere la propria misura di fronte a una tecnologia onnivora, la sua Venezia continua a offrire suoni silenziosi, ossimori fantastici, dove una Licia può permettersi di tornare a casa da sola quando è buio e non aver paura.
Renato Pestriniero
Che inguaribile malattia quella di cui soffre la poetessa Mandich! Ora fatta di carezze profonde, ora di sdegni frenati; il tutto sempre avvolto di quella febbre amorosa con cui scalda gli angoli di memoria o le fondamenta del presente. I pensieri sulla sua Venezia si arrotolano con leggerezza antica, fatti candidi merletti dalla sua timida penna; pensieri incarnati in versi dall’incedere quasi timoroso ma certi della benefica semplicità con cui si poggiano qui e là sui ponti, sui masegni, sulla tranquilla quotidianità ma soprattutto sul cuore dell’autrice quale balsamo odoroso per una generosa solitudine, per la sua ridente malinconia, le sue ferite risolte con la semplice coscienza dell’ineluttabile caducità del vivere.
Maurizio Piccoli
Musiche del Cd Audio della Pianista Rosaria De Filippis
Illusrazioni Giancarlo De Petris
Voci recitanti Licia Mandich e Maurizio Piccoli